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Mercato elettrico, slitta a luglio 2019 la liberalizzazione

12/04/2017

Il 9 e 10 aprile, Roma ha ospitato i lavori del G7 dell’Energia, la riunione dei ministri di riferimento dei sette paesi più industrializzati al mondo. L’Italia arriva a questo appuntamento da protagonista: siamo il paese del G7 con la più bassa emissione di CO2 procapite e il secondo, dopo il Canada, per percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili. Un vanto per l’Italia, che negli ultimi anni ha aumentato la quota di energia prodotta da fonti alternative come nessun altro paese del G7.
Dati importanti, fotografati dall'Ufficio studi di Confartigianato, in un Paese che proprio in questi giorni sta definendo il proprio futuro energetico.
 
Proprio in questi giorni, il Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha annunciato che il disegno di legge sulla concorrenza porterà lo slittamento di un anno della liberalizzazione del mercato elettrico, inizialmente prevista per luglio 2018. Nulla di fatto, quindi, per la riforma che dovrebbe archiviare il mercato tutelato: se ne riparlerà a luglio del 2019.
 
Da anni Confartigianato sta lavorando per aiutare le imprese a beneficiare degli effetti della liberalizzazione in arrivo, abbattendo costi e pratiche burocratiche, in nome della trasparenza, della concorrenza e del diritto di scelta di cittadini e imprenditori.
In questi giorni, però, l’Italia sta discutendo anche sulle politiche energetiche nazionali da adottare fino al 2030. Un momento fondamentale per definire programmi, iniziative e progetti, tanto da spingere il Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, a scrivere al Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, le proposte della piccola e media impresa. “Noi non chiediamo grandi cose. Vogliamo che le imprese italiane abbiano la possibilità di essere competitive con i rivali europei e internazionali a livello di costi, a cominciare da quello dell’energia. In Italia, oggi, paghiamo più che all’estero, dal 25% al 30% in più rispetto ai nostri competitor. Il risultato sono prezzi finali troppo alti per i prodotti made in Italy che, di fatto, vanno fuori mercato anche per i prezzi più alti di produzione”, ha concluso Massetti.

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